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venerdì , 26 Aprile 2024

Putin e lo spettro nucleare: situazione in Ucraina mai così pericolosa

22.09.2022 – 20.16 – Quella di oggi è stata la giornata di Vladimir Putin. Rimasto in prima pagina per molte ore dopo un nuovo intervento comunicativo perfettamente riuscito, lo Zar – cediamo anche noi su questo, e lo chiamiamo così: a volte bisogna lasciar spazio sul foglio alla penna, e lo si fa ricordando che a Vladimir Putin questo appellativo, in un contesto storico, probabilmente non dispiace connotando abbastanza la sua azione – lo Zar Putin ha vanificato, con la sua diretta televisiva, il valore dell’intervento all’ONU dei capi delle potenze occidentali (quello di Mario Draghi è letteralmente svanito) e affondato la spada nel ventre molle della NATO, proprio mentre l’Italia, che di quel ventre molle è una delle parti più in vista (sotto il 50 per cento, il sostegno degli italiani al conflitto, secondo i sondaggi Ipsos di agosto: nel nostro paese sono più quelli che hanno posizioni di equidistanza rispetto a chi sostiene Kiev), si prepara alle elezioni.

La mobilitazione, che Vladimir Putin ha annunciato come “parziale” e che parziale non è, ma ci da’ spazio per non parlare ancora di guerra NATO-Russia rimandando il suo discorso (già registrato) relativo ai referendum e all’annessione dei territori occupati (le diplomazie occidentali hanno così ancora una finestra di tempo per provare a trovare un punto d’equilibrio), richiama 300mila riservisti portando il suo personale operativo a oltre due milioni di uomini, un milione dei quali combattenti. Il quarto esercito al mondo per numero, la seconda potenza militare mondiale in assoluto, e una delle sole tre dotate di bombardieri strategici in grado di raggiungere quasi ogni parte del globo. L’Ucraina ha il coraggio e la volontà di lottare, ma è al limite, e senza l’Occidente non può resistere che per poche settimane; la Russia ha la potenza, e di uomini può mobilitarne ancora molti e molti di più. L’Occidente, che non ha ancora un’economia di guerra, sta finendo il denaro. Lo sviluppo (si dice poi che Putin sia tornato dai suoi incontri in India e Cina a mani parzialmente vuote, eppure questo stride con l’annuncio di oggi) è un’escalation significativa che fa salire di molto il livello di tensione, anche se, dopo l’avanzata ucraina delle ultime settimane, non è imprevista e rappresenta il punto più pericoloso per l’Europa del conflitto in termini di possibilità di suo effettivo allargamento. “Oggi”, ha detto Putin, “le nostre forze armate operano su un fronte di più di mille chilometri, dove ci opponiamo non solo alle formazioni neonaziste ma all’intera macchina militare dell’Ovest”.
Le decisioni di Putin, sul piano militare, non spostano di molto la bilancia fra chi vince e chi perde: l’avanzata ucraina, fortemente sostenuta dai paesi Occidentali in termini di armi, addestramento e Intelligence – quel sostegno che Putin usa come motivazione per la mobilitazione – c’è stata, e ha preso Putin di sorpresa costringendo la Russia a un cambio di passo soprattutto politico, ma, pur essendo comprensibile che Kiev voglia venderla così, non assomiglia affatto a una vittoria, piuttosto a un rischioso salto in avanti fatto mettendoci tutta l’energia di cui è capace e portando fino al limite le proprie linee di rifornimento e la sua logistica. Un’avanzata fatta con uno scopo preciso – consolidare e ottenere, fin che si può, nuovo supporto occidentale, prontamente arrivato da Liz Truss (falco tra i falchi, a cui piace Margaret Thatcher: ma l’Ucraina non è un’isola remota vicina all’Argentina, e quanto rimpiangiamo Angela Merkel) e naturalmente dagli Stati Uniti. Questa vittoria ucraina potrebbe essere, ora che l’inverno arriverà, facilmente fermata dalla maggiore mobilitazione ordinata da Putin e dal pesante uso di armi strategiche convenzionali (finora limitato), anche su Kiev stessa, o addirittura tagliata con un colpo di falce che può trasformarla in una enorme sacca; e se le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk voteranno l’annessione alla Russia – cosa scontata – un’avanzata di Kiev in quei territori finirebbe per significare l’ingresso in Russia autorizzando una ritorsione di grandi proporzioni, fino all’uso del deterrente nucleare tattico. Alla vista del quale la coesione europea certamente crollerebbe: per i giovani d’Europa, che rimpiangono di non poter più viaggiare come prima liberi in Erasmus, Hiroshima e Nagasaki sono solo una foto in bianco e nero su un libro di storia di cui si parla forse per qualche ora nell’ultimo anno di scuola, e trovarsi, con le dirette streaming, di fronte alle immagini dell’uso di un vero ordigno avrebbe un effetto psicologico dirompente. E che i governi europei stiano cadendo l’uno dopo l’altro, sotto la spinta delle crisi economiche interne e di movimenti di destra del quale il primo slogan è: “Prima la nostra nazione”, non è un’invenzione propagandistica di Putin: l’Italia, la Svezia.

L’inquietudine e i dubbi servono a poco. Putin ha detto, in fondo, qualcosa di molto chiaro, che è difficile interpretare in modo sbagliato: il nemico ora è l’Occidente che non smette di sostenere l’Ucraina. Finalmente cade la maschera e ci ritroviamo (lo sapevamo già) in guerra con la Russia (lo eravamo da marzo). Il Donbass (quello in cui, per la ricostruzione, avrebbero dovuto lavorare le imprese italiane), la Crimea e le autoproclamate repubbliche sono russe, e ora intoccabili, e se si pensa di far cadere la Russia dando ancora armi a Kiev in un’avanzata di riconquista, siate pronti, come Occidente, a morire per l’Ucraina. Fine dei giochi fatti finora: giochi tragici, in cui la gente muore per davvero e ne muore tanta, nel corso dei quali le città vengono rase al suolo e la vita di ogni giorno diventa la fuga del profugo, ma giochi di guerra ben lontani dal dramma di una guerra vera, senza quartiere, fatta anche di bombardamenti a tappeto sulle capitali e di bombe nucleari e terrore come quella di cui la Russia è, da un punto di vista militare, capace. “Vorrei ricordare a chi fa certe dichiarazioni sulla Russia che la nostra nazione possiede molte armi di distruzione, e in alcuni casi più moderne di quelle dei paesi NATO. Nel momento in cui l’integrità territoriale della nostra nazione sarà minacciata, naturalmente useremo tutti i mezzi a nostra disposizione per proteggere la Russia e il suo popolo. Questo non è un bluff”. Una guerra che la Russia non può di certo vincere, ma che non vince neppure l’Ucraina o la NATO, è una guerra dove non vince nessuno. La Russia, a differenza di noi, è pronta a una guerra lunga; è difficile che si arrivi per davvero a un’escalation nucleare, ma parliamone, perché da oggi difficile lo è un po’ meno, e sminuirne il rischio di fronte all’opinione pubblica – così come fare il contrario, spingendo sull’acceleratore mediatico parlando di nuovo di “stivali NATO sul terreno” per un pugno di politica in più – è una strada pericolosa. Noi siamo sempre nel pantano, ritti a battere i pugni sul petto, per niente vicini alla fine della guerra e senza nessuna vera iniziativa di pace in piedi. Il rischio più grande è sempre quello: aver fatto tutto per non aver ottenuto niente. Aver avuto la possibilità di far rispettare gli accordi del dopo Maidan, del 2014, e non averlo fatto. Vietnam, Iraq, Kosovo, Siria, Afghanistan.

[r.s.]

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