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Tampongate in Veneto. È guerra aperta tra Zaia e Crisanti

04.01.2023 – 14.47 – Ha il sapore della soap la vicenda che in queste ore vede protagonisti il governatore del Veneto Luca Zaia e il virologo (e ora senatore PD) Andrea Crisanti. Un botta e risposta che intreccia sanità, ricerca e università, pandemia, intercettazioni, esposti, forniture e soldi pubblici con grande interesse della procura di Padova. Ma partiamo dall’inizio. Anno primo della pandemia, ondata seconda. Il Veneto registra 1600 morti in più rispetto alla media nazionale. Il dottor Roberto Rivoli ai tempi è coordinatore dell’unità operativa di microbiologia della Regione; Rivoli al momento è sotto inchiesta da parte della procura di Padova, che ha chiesto il rinvio a giudizio per turbativa del mercato, falso e depistaggio. Rivoli avrebbe attestato il falso quando ha dichiarato di aver effettuato “l’indagine tecnico-clinico-scientifica” sull’efficacia dei tamponi rapidi poi acquistati dal Veneto nel settembre 2020. In quell’occasione il tampone – per amor di precisione si tratterebbe del kit Abbott – è stato usato come strumento di riferimento – contravvenendo alle indicazioni dell’OMS – anche per l’accesso dei sanitari all’interno delle strutture ospedaliere e le rsa, le residenze per anziani. Tamponi talmente affidabili che Rivoli si sarebbe premurato di comunicarlo ad Azienda Zero. E cos’è, quindi, Azienda Zero? È l’ente che si occupa della gestione delle spese della sanità regionale veneta. L’attuale dirigente è Roberto Toniolo ma, ai tempi, alla guida di Azienda Zero c’era Patrizia Simionato, anch’essa indagata assieme a Rigoli. Si, perché dopo la segnalazione del professore, la dirigente di Azienda Zero ha dato il nullaosta per l’acquisto di tamponi per un ammontare di 148milioni di euro, acquisto al quale si sono accodate altre cinque regioni. La prossima udienza è fissata al 6 febbraio.

In tutto questo, Crisanti, dove lo collochiamo? Il senatore aveva condotto uno studio, poi pubblicato su Nature: “Questi tamponi falliscono 3 volte su 10. Hanno una sensibilità del 70% e non del 90%”, aveva detto. Non erano tamponi affidabili. La regione Veneto ha così deciso di non dare il giusto peso allo studio di Crisanti, propendendo per quello condotto da Rivoli che sostiene di aver collaborato con l’Università di Treviso. Si è trattato di un deterioramento dei rapporti tra Zaia e Crisanti, culminato nelle intercettazioni che hanno spinto il microbiologo a rassegnare le dimissioni dall’ateneo (era in aspettativa essendo diventato senatore). Crisanti vuole “essere libero di prendere ogni decisione che mi riguarda, visto anche che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell’Università”, ha detto all’Ansa.

Il ricercatore è senza parole. Sempre all’Ansa dichiara: “Vedere la vera faccia del potere e come viene esercitato fa orrore. Penso che dovrebbe fare orrore a tutti i veneti e forse non solo a loro”.

Dal canto proprio la regione Veneto ha diramato una lunga nota nella quale chiarisce punto per punto la propria posizione in merito ai tamponi e allo studio di Crisanti. “Riteniamo necessario, doveroso, stabilire una serie di punti fermi”, afferma con piglio deciso la regione e si giustifica spiegando che il test rapido è stato utilizzato solamente “accanto ai test molecolari e non in loro sostituzione”. E la sanità della Regione si rivolge poi direttamente al microbiologo: “Andrebbe ricordato al senatore Crisanti che nella pubblicazione di Nature Communication a firma del team dello stesso senatore, giunta a pubblicazione dopo due anni dall’accadimento dei fatti, dopo la revisione attenta degli studiosi inglesi dell’Imperial College è sparito ogni collegamento, riferimento, ipotesi alla maggiore mortalità in Veneto provocata dall’adozione massiva di test antigenici (con supporto dei test molecolari), rispetto alle versioni in pre print. E a validare le modifiche sono gli scienziati inglesi colleghi dello stesso Crisanti”, concludono.

mb.r

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