09.02.2022 – 10.01 – Con il merito di aver intuito per primo la gravità della diffusione del Coronavirus in Europa, un 34enne infettivologo di Schiavonia è stato premiato “Veneziano dell’anno 2020”. A consegnare il premio al giovane medico, Jacopo Monticelli, l’associazione Settemari. Ora, lavora all’ospedale Maggiore di Trieste. La cerimonia di premiazione si è tenuta in gennaio, il dottor Monticelli “nonostante la sua giovane età – aveva dichiarato la presidente Damiano, che ha portato i saluti del sindaco e dell’Amministrazione comunale di Venezia – Jacopo Monticelli grazie alla sua competenza, alle sue capacità e al suo talento ha avuto una grande intuizione rispetto a una situazione che poco dopo sarebbe diventata un’emergenza sanitaria mondiale. Questo giovane medico oggi rappresenta un simbolo di speranza e viene premiato in rappresentanza di tutti gli operatori della sanità che dall’inizio della pandemia sono in prima linea per contrastare e contenere gli effetti del virus, per curare i malati con dedizione e spirito di servizio. Nella drammaticità di questi eventi, Venezia e l’Amministrazione comunale si uniscono ai ringraziamenti per il loro impegno e il loro lavoro”.
A Trieste il dottor Monticelli cura prevalentemente “non vaccinati” ha ammesso ai microfoni Rai, “nell’ultima settimana non mi ricordo persone vaccinate ricoverate da noi” ha aggiunto. Grande abnegazione e impegno, intuizione e un po’ di fortuna. La specializzazione in malattie infettive l’ha scelta “perché i germi sono come i demoni di una storia medievale – spiega Jacopo Monticelli sul sito del Comune di Venezia – Quando ne conosci il nome sai come comportarti, come contenerli, come trattarli. Nel mio lavoro ho trovato sempre affascinante riuscire a dare il nome corretto alle cose: anche in quel periodo cruciale, perché c’erano delle polmoniti che non mi spiegavo. Per questo ho deciso di fare quei primi tamponi: dopo di che la Regione Veneto e il Sistema sanitario si sono messi in moto. E’ molto bello che questo premio sia esteso a tutti i medici perché il nostro è un lavoro di squadra” ha concluso.