20.04.2022 – 13.05 – Per circa il 20% delle imprese del terziario di mercato del nordest i fenomeni di usura e racket sono aumentati nel 2021 (rispettivamente 26 e 20 per cento), con un peggioramento dei livelli di sicurezza percepito da almeno il 10,1% degli imprenditori. A rilevarlo è l’indagine realizzata da Confcommercio in collaborazione con Format Research – tra il 24 febbraio e l’11 marzo 2022 – che analizza l’impatto della criminalità sulle aziende italiane.
Dati in linea con quelli nazionali e che si manifestano in modo più marcato per le grandi città e al sud, dove l’aumento del fenomeno di usura è indicata da ben il 30% delle imprese; con il 17,7% degli imprenditori italiani preoccupati di essere loro stessi vittime di questi crimini. Un fenomeno non solo percepito ma tangibile e riscontrabile nell’11% di imprenditori che hanno avuto notizia diretta di episodi di usura o estorsione nella propria area di attività. Un dato, quest’ultimo, che risulta uguale anche nel nordest (11%), dove analogamente al resto d’Italia il 17% si dice preoccupato di imbattersi in questi fenomeni.
Ma come reagirebbero le imprese se si dovessero trovare di fronte a casi di racket o usura? Secondo l’indagine il 50,8% denuncerebbe mentre il 30,9% non saprebbe che fare; percentuali comunque inferiori alla media nazionale dove si registra rispettivamente il 58,4 e il 33,6%. Il 5,4% inoltre ritiene non si possa fare nulla, dato particolarmente marcato se si guarda al sud e alle isole dove sale al 9,1%.
Infine non solo un peggioramento dei livelli di sicurezza ma anche della qualità della vita è percepito dal 19% delle aziende del nordest nell’ultimo biennio: il 15,5% ritiene infatti degradati i piccoli centri urbani e il 41,8% le periferie dei grandi centri.
Un fenomeno, quello dell’usura e del racket, che secondo le stime di Confcommercio causa in termini di fatturato e di valore aggiunto una perdita annua pari al 6,3% a livello nazionale, con almeno 30mila imprese del commercio e dei pubblici servizi a rischio elevato, con danni per 31miliardi di euro e 200mila posti di lavoro in pericolo.
n.p