25.04.2022 – 11.00 – Una signora dedita al furto cerca di impossessarsi di una collanina d’oro, che nota al collo della vittima. Tenta di strappargliela, ma le cose volgono al peggio (per la criminale) e la ladra non riesce a compiere il crimine: viene arrestata e condannata per “furto con strappo”, che punisce chi “si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona” ai sensi dell’articolo 624 bis del codice penale.
La ladra impugna la sentenza di condanna davanti alla Corte di Cassazione lamentandosi di essere stata condannata per “furto con strappo”, mentre il suo sarebbe stato un furto di tutt’altro genere: si sarebbe trattato di un “furto con violenza” ai sensi degli articoli 624 e 625 del Codice penale. Il difensore dell’imputata prova a spiegare: lo “strappo” di cui all’art. 624 bis è una condotta connotata da un qualche grado di violenza, seppur esercitata sulla cosa e non sulla persona, direttamente finalizzata allo spossessamento del bene; tuttavia, è necessario che tale condotta si riverberi sulla persona. Nel nostro caso il riverbero sulla persona non ci sarebbe stato poiché la vittima “non si accorse di nulla”.
In risposta, i giudici della Cassazione osservano che il “furto con strappo” si verifica quando il ladro deve compiere un determinato gesto – lo strappo appunto – per superare il legame fisico tra possessore e cosa sottratta – come nel caso della collanina appesa al collo. Lo strappo costituisce quindi il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione; si configura, in altri termini, il delitto di furto con strappo quando la violenza sia immediatamente rivolta verso la cosa, seppur possa avere ricadute sulla persona che la detiene.
Il “furto con violenza” ricorre invece quando il ladro, per commettere il reato, fa uso di energia fisica per vincere la resistenza che la natura o la mano dell’uomo hanno posto a riparo o difesa del bene oggetto del furto. Pertanto, la sensazione provata dalla vittima non è rilevante: ciò che rileva è che l’azione sia stata “uno strappo”, ossia quell’azione necessaria per spezzare il legame fisico tra vittima e bene sottratto.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte si può quindi affermare il seguente principio di diritto: “Si configura il furto con strappo quando la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, anche se, a causa della relazione fisica intercorrente tra cosa sottratta e possessore, può derivare una ripercussione indiretta e involontaria sulla vittima”. L’impugnazione viene pertanto rigettata. (Cassazione Penale sent. n. 17953/2020)
di Guendal Cecovini Amigoni