06.07.2022 – 12.30 – Con un piccolo intervento della durata di appena 20 minuti, ed una incisione chirurgica di solo 2 cm, la vita sessuale di un uomo può riprendere normalmente anche dopo un trattamento di chirurgia oncologica della prostata, della vescica o in presenza di malattie che compromettono seriamente la funzione erettile anche in giovane età. In questi giorni all’ospedale di Portogruaro il direttore dell’Urologia dell’Ulss4, dottor Michele Amenta, ha effettuato i primi tre impianti chirurgici insieme al dottor Gabriele Antonini, maggior esperto italiano del settore. Una tipologia di interventi che poche altre strutture pubbliche effettuano in Italia. “E’ una piccola protesi idraulica che permette di incentivare le funzioni fisiologiche senza alcuna limitazione – precisa il dottor Amenta – . Riguardo l’aspetto estetico non si vede nulla in quanto tutti gli elementi della protesi sono “nascosti all’interno del corpo della persona”.
Le situazioni che possono portare a una disfunzione erettile, che non trova alcuna risoluzione nella terapia farmacologica, sono varie: “Ad esempio tanti sono gli uomini reduci da interventi di chirurgia oncologica, per la prostata e non solo, anche vescica e retto, che vincono la propria battaglia col cancro ma perdono, ancora giovani, la propria funzionalità sessuale – aggiunge il dottor Amenta -. Ci sono inoltre altre malattie, dal diabete a patologie vascolari o infiammazioni che compromettono la funzione erettile. In questi e altri casi la protesi, costituita da due cilindri idraulici in cui viene pompata una soluzione fisiologica, può restituire una sessualità normale”.
Le tre protesi sono state posizionate utilizzando una tecnica mininvasiva “definita “Minimally invasive penile prosthesis implant” e sviluppata dal chirurgo americano Paul Perito a Miami, in Florida – aggiunge il dottor Antonini – . L’intervento dura circa venti minuti, contro i 90 minuti di quello tradizionale a tutto beneficio del dolore post operatorio, che è quasi inesistente, e del rischio di infezioni che diminuisce considerevolmente ed è prossimo allo zero per cento”.
“Oggi purtroppo sono ancora pochi gli uomini a conoscenza di questa possibilità terapeutica – conclude il dottor Antonini – e gli interventi di impianto delle protesi peniene potrebbero essere ben maggiori di quanto si fa attualmente, laddove i farmaci non funzionano”.