26.08.2025 – 09:45 – Nei giorni scorsi, la Polizia di Frontiera di Venezia ha arrestato all’aeroporto Marco Polo un cittadino italiano condannato in via definitiva dalla Corte d’Appello di Trieste per violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni ai danni della moglie. L’uomo, rientrato da una vacanza all’estero, dovrà scontare una pena di tre anni e sei mesi di reclusione, oltre all’interdizione dai pubblici uffici e alla decadenza dall’esercizio della tutela sui figli. Secondo gli atti giudiziari, i fatti risalgono al 2021 e si inseriscono in una storia di abusi protrattasi per almeno quattro anni. Le violenze, spesso consumate davanti ai figli minori, hanno raggiunto il culmine durante una lite, degenerata in violenza sessuale. Fu in quell’occasione che la donna, assistita da una pattuglia intervenuta sul posto, riuscì a denunciare la situazione, avviando un percorso di fuoriuscita da una spirale di sopraffazione domestica.
Il caso, pur nella sua specificità, richiama un fenomeno che resta strutturale nella società italiana. Secondo i dati Istat, oltre il 30% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito nel corso della vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, mentre le denunce restano statisticamente inferiori rispetto all’incidenza effettiva. Gli arresti in aeroporto, come quello eseguito a Tessera, rappresentano uno degli strumenti attraverso cui la magistratura assicura l’esecuzione delle sentenze, ma il nodo principale resta quello della prevenzione e della capacità delle vittime di ottenere protezione tempestiva.
Per le autorità di pubblica sicurezza, il caso di Venezia evidenzia l’importanza del ruolo degli interventi immediati, spesso decisivi nell’interrompere cicli di violenza protratti nel tempo. Per la magistratura, sottolinea l’esigenza di un sistema capace non solo di punire a posteriori, ma di garantire misure efficaci già nella fase di denuncia.
[c.v.]