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Giustizia italiana, trent’anni e 29mila vite sospese

23.02.2022 – 10.58 – In primavera si vota sulla giustizia. Fra le proposte referendarie recentemente ritenute ammissibili, oltre all’abolizione delle disposizioni in materia di non candidabilità di chi è stato condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e reati gravi (la legge Severino; l’eliminazione dell’intero testo, compreso l’articolo che prevede la sospensione degli amministratori locali dopo una condanna già in primo grado, è la richiesta di Lega e Radicali), c’è anche la cancellazione di una parte dell’articolo 274 del Codice penale e l’applicazione a un ambito più ristretto di reati, e solo in presenza di rischio di fuga o inquinamento delle prove, delle misure cautelari, e in particolare della carcerazione preventiva.
L’Italia è tra gli Stati con la più alta percentuale di detenuti in attesa di giudizio o e di attesa di condanna definitiva (dati Consiglio d’Europa) e tra gli Stati con maggior sovraffollamento delle carceri. La carcerazione preventiva è un provvedimento di tipo prognostico: ciò significa che il giudice deve ipotizzare, sulla base di elementi di sospetto rafforzato, che un soggetto abbia commesso (o si appresti a commettere) un reato; ma egli deve anche pronosticare quali ulteriori danni (alle indagini e alla sicurezza della collettività) potrebbe costui causare se lasciato libero mentre si indaga sulla (solo ipotizzata) sua colpevolezza e, una volta ritenuta la necessità e la fondatezza di una restrizione della libertà dell’indagato, quale sia la misura giusta e sufficiente di quella restrizione, tra il carcere e un ordine di allontanamento. Per questo motivo la legge fissa regole e condizioni della custodia cautelare: esse richiedono che gli indizi di colpevolezza debbano essere “gravi” e “concreti e attuali”, cioè non congetturali e astratti: “è sospettato di omicidio, ergo deve stare in carcere perché potrebbe ripeterlo”.

La custodia cautelare, cioè il carcere preventivo rispetto alla condanna definitiva e spesso rispetto a una qualsiasi condanna anche non definitiva, è una pratica di cui si abusa. Da strumento di emergenza è stato trasformato, nel tempo, in una vera e propria forma anticipatoria della pena. Ciò rappresenta una palese violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza, e ha costretto migliaia di donne e uomini accusati di reati minori, addirittura poi assolti, a conoscere l’umiliazione del carcere prima di un processo: in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato” è la motivazione che viene utilizzata più di frequente per disporre la custodia cautelare senza che questo rischio esista veramente.

In base agli ultimi dati pubblicati dal ministero della Giustizia, aggiornati al 31 marzo 2021, i detenuti in Italia sono in totale 56.289 per 50.211 posti disponibili nelle strutture carcerarie. Sul totale dei detenuti, 9.749 sono in attesa di un primo giudizio, e quasi altrettanti (9.641) sono condannati non definitivi. Spesso la custodia cautelare dura mesi o anche anni, e i dati sulle carcerazioni ingiuste aiutano solo in minima parte a comprendere le conseguenze che queste decisioni hanno sulla vita di chi è detenuto senza ragione e su quella delle loro famiglie. Nel 2020 il ministero dell’Economia ha emesso 750 ordinanze di pagamento per risarcire le persone che erano state detenute ingiustamente in carcere: complessivamente, i risarcimenti sono costati 36 milioni e 958 mila euro, mentre nell’anno precedente 43,4 milioni; un dato che mostra con chiarezza come il ricorso alla custodia cautelare in carcere in Italia sia la misura più utilizzata (riguarda il 30,3 per cento delle misure cautelari), nonostante la legge la consideri un provvedimento di extrema ratio. Dal 1992 al 31 dicembre 2020, si sono registrati 29.452 casi: in media, 1015 innocenti in custodia cautelare ogni anno. La lentezza della giustizia non può essere risolta con la carcerazione preventiva.

di Elena Vigliano.
[Elena Vigliano è specialista in fisco d’impresa e materie economiche e giuslavoristiche. Dottore in Economia alla “Sapienza”, è consulente del Lavoro e commercialista, e consulente tecnico del Giudice Tribunale di Roma nelle materie società, contabilità e bilanci, previdenza, costo del lavoro, vertenze di lavoro. Vicina al mondo politico liberale italiano, promuove con i suoi articoli e attraverso l’attività associazionistica la semplificazione dell’avviamento d’impresa nel rispetto di regole fiscali e burocratiche chiare, sostenibili e stabili, nel contesto delle quali il cittadino sia garantito nei suoi diritti fondamentali come la proprietà privata, la certezza del diritto e la sicurezza personale.]

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