27.05.2025 – 11:43 – Un nuovo ambulatorio specializzato nell’assistenza alle donne affette da vulvodinia è stato inaugurato all’Azienda Ospedale Università di Padova, segnando un passo rilevante nella sanità pubblica del Veneto e, più in generale, nell’approccio italiano alla salute femminile. Si tratta di una struttura all’avanguardia, che unisce competenze multidisciplinari e tecnologie di ultima generazione per affrontare una patologia diffusa ma ancora ampiamente sottodiagnosticata. La vulvodinia colpisce circa il 15% della popolazione femminile, con maggiore incidenza tra i 20 e i 40 anni. Nonostante la sua diffusione, è rimasta per anni una malattia invisibile, spesso liquidata come disturbo psicologico o ignorata del tutto. Le pazienti, che soffrono di dolore cronico e bruciore persistente all’area vulvare, attendono mediamente dai due ai cinque anni prima di ricevere una diagnosi corretta. L’impatto sulla qualità della vita, la sfera sessuale e il desiderio di maternità è significativo, ma finora poco considerato dal sistema sanitario.
Il nuovo servizio nasce con l’obiettivo di colmare questa lacuna. Collocato all’interno dell’Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Procreazione Medicalmente Assistita (UOSD PMA), il centro rappresenta un punto di svolta nell’assistenza alle pazienti. «Abbiamo scelto di inserirlo nell’ambito della PMA per le evidenti connessioni con l’infertilità e la salute riproduttiva, ma anche per la sua rilevanza in ginecologia e ostetricia», ha spiegato la professoressa Alessandra Andrisani, responsabile dell’unità.
L’annuncio è stato dato nel corso di una presentazione ufficiale a cui hanno partecipato l’Assessore regionale alla Sanità Manuela Lanzarin e il Direttore Generale dell’Azienda, Giuseppe Dal Ben. Lanzarin ha sottolineato come il progetto sia il risultato di una strategia avviata nel 2022 per rafforzare i servizi di medicina riproduttiva e affrontare patologie spesso trascurate, come l’endometriosi e, più recentemente, la vulvodinia. «È un lavoro nato dall’ascolto e dalla collaborazione, anche con associazioni del territorio come Brelù, che ci hanno spinto ad agire», ha dichiarato Lanzarin, ricordando che la prima paziente è già stata presa in carico lo scorso aprile.
Il nuovo ambulatorio si distingue per un approccio integrato: ginecologi, ostetriche, psicologi, fisiatri e fisioterapisti collaborano per costruire percorsi personalizzati. Il centro è inoltre dotato di due dispositivi altamente tecnologici, OPHELIA e LIBERTY, rispettivamente per la radiofrequenza uroginecologica e per l’elettrostimolazione con biofeedback. Il loro acquisto ha richiesto un investimento di 48.500 euro, a conferma dell’impegno finanziario della Regione per il potenziamento dei servizi.
Oltre alla cura, l’ambulatorio guarda anche alla ricerca. Sono attualmente in corso due studi clinici: uno esplora il legame tra microbioma e vulvodinia, mentre l’altro valuta l’impatto della patologia sulla qualità della vita. Entrambi potrebbero contribuire in modo decisivo a una comprensione più profonda del disturbo e all’individuazione di terapie sempre più efficaci.
L’iniziativa di Padova segna una svolta importante in un campo che ha sofferto a lungo di disattenzione. E rappresenta, forse, un modello replicabile per altre regioni italiane dove il tema della salute femminile merita ancora di essere posto al centro del dibattito sanitario.
[c.v.]