03.10.2022 – 9.30 – Un anno in Africa da volontaria: la storia dell’ostetrica Laura Bottan. Nata a Portogruaro 24 anni fa, Laura Bottan è partita per l’Angola nel settembre 2021 con il Servizio sociale universale dove ha lavorato all’interno di un progetto di Medici con l’Africa Cuamm, storica ong di Padova. Rientrata da qualche mese, ha ripreso a lavorare all’ospedale di Monfalcone. Nella cittadina di Chiulo, nel profondo sud dell’Angola, il Cuamm è presente dal 2000 dove opera nell’ospedale locale su richiesta della Diocesi di Ondjiva, proprietaria della struttura. A Chiulo e sul territorio circostante il Cuamm promuove interventi per la prevenzione e la lotta all’HIV/AIDS con supporto nutrizionale ai bambini e ai malati, portando sollievo a 62.000 persone sieropositive. Promuove inoltre la formazione di personale per la cura e l’assistenza delle donne in gravidanza. La storia dell’ostetrica Laura Bottan inizia così: “In un Paese lontano lontano, in una terra dove non piove mai, il sole brucia la pelle e la notte è la madre del buio, vive una ragazza che accompagna mano nella mano le donne nel viaggio più importante delle loro vite“. Così la stessa Laura Bottan inizia la descrizione della sua esperienza a Chiurlo, un’esperienza che le è rimasta nell’anima.
Perché ha scelto di diventare ostetrica?
Credo fermamente nel motto ‘prima le donne e i bambini’, voglio fare la differenza per le categorie più dimenticate delle società. In Africa ho pian piano capito cosa vuol dire essere ostetrica. Per me significa essere un ‘ponte’, essere nel mezzo tra la maternità e la pediatria, tra la mamma ed il bimbo, tra la donna ed il medico, tra il bimbo ed i parenti, tra la ginecologa e la pediatra.
In cosa è consistita l’esperienza di lavoro in Angola?
Affiancavo il personale locale in ospedale e nei vari progetti sul territorio. Ho lavorato in sala parto, in maternità, nelle cliniche mobili e nella casa di attesa. Ho aiutato il personale espatriato Cuamm nell’organizzazione di corsi di formazione per le infermiere e i medici della regione.
Quali sono state le principali difficoltà che ha incontrato?
Sicuramente le scarse risorse, guardare tutti i giorni in faccia la povertà, rendersi conto di non essere onnipotenti e quindi fare i conti con i propri limiti.
Come è stato ritornare al lavoro in ospedale a Monfalcone?
E’ stato complicato ma bello perché ti accorgi di quanto qui in Italia siamo fortunati ad avere libero accesso alle cure. I bambini vengono al mondo allo stesso modo, quello che cambia è la consapevolezza delle donne del parto e della maternità.
Tornerebbe in Angola? Suggerirebbe altri giovani questa esperienza?
Si, sicuramente. E suggerisco il Servizio civile universale a tutti: è un’opportunità per i giovani di entrare nel mondo del lavoro pur non avendo esperienza mettendosi alla prova. Il Servizio civile universale è la scelta volontaria di dedicare un anno della propria vita al servizio di difesa, non armata e non violenta, della Patria, all’educazione, alla pace tra i popoli e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica italiana, attraverso azioni per le comunità e per il territorio.
C’è un episodio particolare che porta nel cuore?
Sono tantissimi ma se devo dirne uno…sicuramente il giorno in cui una mamma ha deciso di dare al figlio il mio nome. Si chiama Laurindo.