28.03.2022 – 12.00 – Parliamo di sport e di lesioni fisiche. La realtà sportiva è ben diversa da quella ordinaria e ha le sue regole. Prova a immaginare di essere in fila al supermercato e, mentre stai scegliendo i tortellini e hai la guardia abbassata, un altro cliente ti colpisce con un pugno, mandandoti a terra. Siamo sicuramente in presenza di un reato. Adesso, immagina di stare giocando a pallacanestro e, mentre stai per passare la palla, un avversario di colpisce con un pugno al mento, mandandoti steso sul parquet. Anche questo, senza dubbio, è un reato. Ma non è finita. Sei in piedi sul ring, indossi i guantoni e un ragazzo muscoloso ti si avvicina saltellando. E poi ti colpisce, spaccandoti il naso e mandandoti knock-out. In questo caso, c’è reato?
È qui che lo sport si differenzia dalla realtà ordinaria. Se pratichi uno sport, ne accetti le regole, che possono prevedere il contatto fisico, anche violento. E se pratichi uno sport il cui regolamento consente il contatto tra gli atleti, accetti anche di subire un danno, purché inferto nel rispetto delle regole tecniche. Il pugilato ne è un esempio lampante. Se pratichi la boxe, accetti di ricevere dei colpi che sono destinati a compromettere la tua incolumità. Se scendi dal ring coperto di ematomi, non te ne puoi lamentare e, di certo, non puoi chiedere il risarcimento dei danni a chi ti ha battuto e non puoi denunciarlo per lesioni personali.
Dunque, durante le attività sportive e nel rispetto delle regole, se facciamo male a qualcuno siamo giustificati. Ciò perché esiste il principio del cosiddetto “rischio consentito”, che viene accettato da chi pratica quel determinato sport. Pratico la boxe? Accetto di ricevere pugni. E com’è possibile che la nostra Legge tolleri che le persone rischino di farsi male, magari finendo all’ospedale? Ciò accade perché c’è un interesse generale affinché la popolazione pratichi attività sportive per il potenziamento fisico e, per perseguire questo obiettivo, è consentito di mettere a rischio l’integrità fisica del singolo individuo.
Se pratico uno sport, ne accetto le regole e, di conseguenza, se la regola sportiva prevede il contatto tra gli atleti ed un pericolo per l’incolumità di chi pratica quello sport, accettando quella regola sportiva, accetto il rischio che mi facciano male. È un “rischio consentito”, cioè, le regole tracciano i confini entro i quali fare male è lecito e, pertanto, non è punibile. Le regole tecniche hanno l’obiettivo di disciplinare l’uso della violenza, intesa come energia fisica positiva, esercitata contro l’avversario in modo da vincerne la resistenza e perseguire un determinato obiettivo. Nel calcio, devo impossessarmi del pallone e cercare di realizzare un goal. Nel rugby devo andare a meta. Nel pugilato devo superare fisicamente l’avversario.
Se non rispetto la regola sportiva, vengo punito: il calciatore scorretto viene ammonito o espulso. L’azione scorretta fa interrompere il gioco: il fallo viene individuato e un calcio di punizione viene assegnato alla squadra avversaria. Sono violazioni delle regole di gioco, che restano all’interno della realtà sportiva. In un incontro di pugilato tiro un pungo e rompo il naso al mio avversario. Ho rispettato le regole e non vengo punito, né a livello sportivo, né a livello penale. Ma cosa succede se travalichiamo questi limiti? Cosa succede se faccio male al mio avversario durante una competizione sportiva, ma violandone le regole? Siamo sul ring e colpisco il mio avversario alle spalle, dopo il suono del campanello, o sotto la cintura. E lo mando in ospedale. In questo caso, cosa succede? Lo vediamo nel prossimo articolo, tra una settimana, sempre su questa rubrica.
di Guendal Cecovini Amigoni