9.11.2022- 10.30 – Molti anni sono passati da quella prima volta nel 1994, quando durante la Sagra dei Osei di Sacile, una donna raccolse un tubo di ferro nei pressi di un cespuglio di ortensie ed il congegno deflagrò. Da allora per il caso Unabomber si sono dispiegate un numero esorbitante di indagini e ricerche, teorie e ipotesi inconcludenti. Forse troppe sono state nel corso del tempo le piste studiate e poi abbandonate. Ma la sospensione delle indagini non è un finale ammissibile ad una storia violenta che ha lasciato troppi testimoni vittime inermi di eventi così traumatici e sconvolgenti. Finalmente però le cose potrebbero cambiare.
Chi è Unabomber?
L’appellativo riconduce il bombarolo italiano alla vicenda del criminale statunitense Theodore Kaczynski, noto ai mass media con la denominazione di Unabomber ( da UNABOM, il nome in codice utilizzato dall’FBI), condannato per aver inviato pacchi postali esplosivi durante un periodo di quasi diciotto anni, provocando 3 morti e 23 feriti.
Le azioni attribuite al dinamitardo italiano coprono una vasta area dell’Italia nordorientale, incentrata primariamente sull’asse Pordenone-Portogruaro-Lignano Sabbiadoro, nel corso di circa vent’anni.
Molte sono state le ipotesi sui moventi, fondate primariamente sul fatto che la maggior parte delle vittime degli attentati non appartenevano a categorie sociali specifiche: erano persone comuni, in alcuni casi si è trattato addirittura di bambini. Tra queste, una bambina in particolare, di nome Francesca, sul greto del Piave ricorda la figura di un uomo che la guardava attentamente mentre raccoglieva un semplice evidenziatore, l’oggetto che le avrebbe tolto per sempre la funzionalità della mano e dell’occhio destro. Oggi Francesca, 28enne, torna a raccontare i ricordi dell’evento più drammatico della sua vita.
“Era brizzolato, con i capelli corti, gli occhiali e una camicia colorata, floreale, tipo quelle hawaiane – testimonia Francesca al Corriere Veneto – Mia madre si era accorta che un estraneo girava da quelle parti. Lui era lì, ci guardava giocare e ha scelto proprio noi”. La donna spiega come sia riuscita ad andare avanti nella sua vita, ma il tarlo di quella figura fantasma non l’ha mai abbandonata. Continua affermando: “oggi sarebbe importante tornare a smuovere le acque perché sono sicura che quel 25 aprile sul greto del Piave ci fosse anche Unabomber.”
La riapertura del caso:
Antonio De Nicolo, procuratore capo di Trieste ha autorizzato il giornalista e autore Marco Maisano a visionare una grande quantità di reperti raccolti nei diversi anni sul caso Unabomber e con l’aiuto e la testimonianza delle vittime del bombarolo italiano, ha lavorato su una serie podcast per OnePodcast (iniziativa audio del gruppo Gedi lanciata all’inizio del 2022), rivolgendo al magistrato la richiesta. E se quest’ultimo la ritenesse opportuna, potrebbe a sua volta domandare al Gip la riapertura delle indagini, che potrebbero portare a dare finalmente un volto ad Unabomber e chiudere una ferita rimasta a lungo aperta.
[m.g]