12.06.2025 09:00 Nel cuore verde tra Veneto e Friuli, dove i vigneti disegnano il paesaggio e la storia agricola incontra la vocazione per la qualità, si trova Le Carline, azienda agricola biologica e vitivinicola situata nel territorio a Denominazione di Origine Controllata Lison-Pramaggiore. Siamo a cavallo tra tre province — Venezia, Treviso e Pordenone — in una zona dalla forte identità agricola e vitivinicola, che ha saputo negli anni rinnovarsi e distinguersi. Fondata nel 1989 da Daniele Piccinin, l’azienda rappresenta oggi un esempio di visione lungimirante e rispetto per l’ambiente. “Le Carline nasce come un ramo staccato dall’azienda agricola di mio nonno — racconta Claudia, che oggi segue l’attività insieme alla sua famiglia —. Fin da subito, mio padre ha fatto una scelta allora quasi rivoluzionaria: convertire completamente la produzione al metodo biologico, quando ancora mancavano regole precise e il mercato faticava a capirne il valore.” Oggi, quella scelta coraggiosa si è rivelata vincente: Le Carline è un punto di riferimento nella produzione vinicola biologica italiana, con riconoscimenti nazionali e internazionali, e una clientela affezionata in continua crescita.
La filosofia di Le Carline si fonda su un concetto di sostenibilità a 360 gradi. Non si tratta semplicemente di eliminare pesticidi e diserbanti, ma di abbracciare un modello agricolo più attento all’equilibrio tra uomo, natura e territorio. In vigna si pratica il sovescio, tecnica antica ma efficacissima per arricchire il terreno in modo naturale; si mantiene l’inerbimento controllato per favorire la biodiversità e contrastare l’erosione; si utilizzano sistemi di monitoraggio per risparmiare acqua e intervenire solo quando strettamente necessario. “Siamo anche coinvolti in un progetto con il Consorzio del Prosecco per la salvaguardia delle api, sentinelle fondamentali della salute ambientale”, spiega Claudia.
A testimonianza della serietà e coerenza del percorso, Le Carline ha ottenuto da quattro anni la certificazione Qualitas, standard che valuta l’impegno in ambito ambientale, economico e sociale. Una certificazione non obbligatoria, ma scelta volontariamente per rendere ancora più trasparente e tracciabile il proprio lavoro.
Ma da dove viene il nome Le Carline? “È il nome antico della zona dove sorge l’azienda, e richiama anche la carlina, un tipo di carciofo selvatico che cresceva nei campi un tempo. Ci piaceva l’idea di mantenere un legame forte con la nostra terra e le sue radici”, spiega Claudia. Radici che si ritrovano anche nei vitigni coltivati, molti dei quali autoctoni: Refosco dal peduncolo rosso, Verduzzo, e naturalmente il Lison — una volta conosciuto come Tocai — oggi DOCG e fiore all’occhiello della zona.
Accanto ai vitigni storici, Le Carline ha saputo innovare. Tra i primi in Veneto, hanno scelto di coltivare i cosiddetti vitigni PIWI (acronimo tedesco per “Pilzwiderstandsfähig”), varietà selezionate per essere resistenti alle principali malattie della vite. Grazie a queste varietà, è possibile ridurre drasticamente i trattamenti, con un impatto ambientale ancora più contenuto. “Per noi è stata una scelta coerente con la nostra filosofia, ma anche strategica. I PIWI sono il futuro della viticoltura sostenibile”, afferma Claudia.
La gamma di vini prodotti da Le Carline è ampia e diversificata. Si va dai classici Prosecchi e Pinot Grigio, fino a etichette più complesse e strutturate come il Carline Rosso (blend di Merlot e Refosco) e il Dogale, un rosso passito che conquista per intensità e morbidezza. “Abbiamo una linea senza solfiti aggiunti, una dedicata ai PIWI, e poi c’è la linea ‘Cantastorie’, pensata per raccontare il nostro territorio in maniera più narrativa e accessibile.” Ogni vino ha il suo carattere, la sua storia, il suo pubblico di riferimento. Anche il Refosco, ad esempio, viene prodotto in tre versioni: fermo in acciaio, affinato in barrique, e in una cuvée più giovane.
Quando si chiede a Claudia quali siano i vini che meglio rappresentano l’identità dell’azienda, la risposta non è univoca: “Il Carline Rosso e il Dogale sono tra i nostri simboli, ma anche il Lison Classico DOCG è al centro di un lavoro costante di valorizzazione. È un vino che racconta il territorio, la sua storia e la sua evoluzione”.
Tre parole per descrivere il vino Le Carline? “Lungimiranti”, per la capacità di anticipare i tempi e scegliere percorsi non scontati; “sostenibili”, non solo nel vigneto ma anche nella gestione aziendale; e, con la giusta prudenza, “naturali”. “È un termine che viene spesso abusato — precisa Claudia —, ma per noi significa autenticità, trasparenza, rispetto del prodotto e del consumatore”.
Oltre alla produzione, l’azienda è aperta anche all’ospitalità: visite guidate tra vigneti, cantina e barricaia, degustazioni personalizzate, eventi a tema. Un modo per far conoscere da vicino non solo i vini, ma l’intero mondo che ruota attorno alla loro creazione.
E il futuro? È già iniziato. “Abbiamo appena completato un nuovo impianto fotovoltaico, che ci renderà quasi autosufficienti dal punto di vista energetico. Continuiamo a investire nella ricerca e nella comunicazione, e stiamo consolidando i rapporti con l’estero, dove c’è sempre più interesse per il vino biologico italiano”.
In un panorama vinicolo in continua evoluzione, Le Carline rappresenta un modello virtuoso di coerenza, innovazione e qualità. Una realtà capace di coniugare tradizione contadina e sguardo internazionale, con un obiettivo chiaro: fare del vino un atto agricolo, culturale e ambientale.
[s.b. e m.c.]