08.03.2022 – 13.59 – Diagnosi e riabilitazione di persone con disabilità, soprattutto in età evolutiva, con la presa in carico a 360° del percorso individuale del paziente, attraverso percorsi multidisciplinari, sono il cuore dell’attività del Presidio di Riabilitazione La Nostra Famiglia. Una struttura privata no profit che opera in convenzione e accreditamento nell’ambito del Servizio Sanitario Regionale. Attualmente si occupano di circa 1400 bambini, molti dei quali sono in carico ambulatoriale, ossia vi accedono esclusivamente per il trattamento, mentre alcuni, circa settanta, seguono un programma a ciclo diurno permanendo nella struttura dalle 8.30 alle 16.00 circa. Bambini con disabilità importanti ed impattanti per i quali è prevista una presa in carico riabilitativa intensiva. Nonostante su circa 115 dipendenti più di 50 sono riabilitatori, il Presidio è anche accreditato per la specialistica ambulatoriale nel campo della neuro-psichiatria infantile, della fisiatria e dell’oculistica. Di fatto La Nostra Famiglia nel 1998 è stata riconosciuta con Decreto Interministeriale quale Sede del Polo regionale dell’IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) “Eugenio Medea”. Il Presidio di Pasian di Prato è inoltre Centro di riferimento regionale per l’ipovisione.
Mercoledì 9 marzo, alle 10.00, nella sede di Pasian di Prato de La Nostra Famiglia sarà inaugurata una nuova attrezzatura riabilitativa. Si tratta di una struttura autoportante, che rappresenterà un arricchimento per la palestra dell’Associazione adibita all’Integrazione Sensoriale. L’acquisto di tale attrezzatura è stato possibile grazie a una significativa donazione effettuata da Tonutti Tecniche Grafiche Spa, azienda friulana specializzata nella stampa di etichette per i mercati del beverage and food, partner sensibile di questa realtà e con la quale stanno portando avanti anche un progetto di Attività assistita con i cani.
Alessandro Giardina, Direttore Operativo del Presidio di Riabilitazione di Pasian di Prato ci ha descritto in modo dettagliato i benefici che deriveranno da questa nuova attrezzatura e le modalità della presa in carico globale dei piccoli pazienti. L’attrezzatura consta in una struttura autoportante, un grande cubo aperto da tutti i lati ognuno dei quali misura circa due metri e mezzo. Su questo cubo è possibile appendere, attraverso dei ganci in sicurezza, delle pedane e delle altalene basculanti che aiutano i bambini nella riabilitazione. Salendo su queste altalene, che sono poste a 40/50 cm da terra, possono sperimentare diversi gradi di movimento attraverso la percezione del proprio corpo. I terapisti occupazionali della struttura, che hanno chiesto questo tipo di attrezzatura, l’hanno identificata come uno strumento utile per sviluppare la corporeità del bambino e per offrire occasioni di sperimentazione del movimento tarate sulle necessità sensoriali del bambino. Un altro aspetto fondamentale di questo intenso lavoro di riabilitazione è il coinvolgimento nei piani riabilitativi individuali di ogni singolo bambino della famiglia, del territorio di provenienza e della scuola. Ci sono due assistenti sociali che si occupano di questo, perché la presa in carico del bambino non è solo sanitaria ma anche dell’intorno in cui vive la propria quotidianità, affinché ciò che viene fatto all’interno della struttura per il recupero e il miglioramento delle disabilità non perda di efficacia. Psicologi, assistenti sociali, medici, riabilitatori si incontrano con una certa frequenza con insegnanti e famiglie per condividerne modalità, progressi ed eventuali riassestamenti. Un altro tema molto importante che si è sviluppato negli anni all’interno dei centri è quello del volontariato. Vengono accolti regolarmente volontari, ragazzi dai 16 anni in su per poter fare esperienze con i bambini della presa in carico diurna. Molti di questi giovani proprio attraverso questo percorso arrivano a fare chiarezza sul proprio futuro. C’è chi sceglie successivamente un certo tipo di indirizzo universitario e chi capisce che questa non è la sua strada.
di Laura Fonovich