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Quirinale, fumata nera: a vuoto anche il terzo scrutinio

26.01.2021 – 16.00 | Come già accaduto dopo i primi due scrutini dei giorni scorsi, anche il terzo scrutinio ha dato come esito la fumata nera: bisognerà ancora attendere, per conoscere il nome del prossimo Presidente della Repubblica. Sono state delle giornate intense, quelle che hanno vissuto finora i Grandi Elettori, tra votazioni e – soprattutto – summit, telefonate e vertici per cercare di trovare degli accordi che, evidentemente, non sono stati trovati. Difficile, in effetti, trovare un candidato che – come richiesto dai primi tre scrutini – riuscisse a raccogliere su di sé la preferenza di almeno due terzi dei votanti. Dal quarto scrutinio sarà “sufficiente” la maggioranza semplice, ovvero la metà più uno dei votanti, per eleggere il nuovo inquilino del Quirinale. Anche se, stante il complesso quadro politico emerso nelle ultime ore e la grande frammentazione tra le diverse forze in campo (situazione che rischia di mettere in crisi perfino la Maggioranza che attualmente sostiene il Governo Draghi, il cui supporto i vari partiti hanno scelto di legare strettamente all’elezione del Capo dello Stato, che per certi versi appare addirittura secondaria come importanza nelle trattative andate in scena tra i diversi leader) appare oggi complicato riuscire a raccogliere i 505 voti necessari nei prossimi scrutini.

ANCORA FUMATA NERA DOPO IL TERZO SCRUTINIO – Rispetto alle prime due giornate, comunque, sembra che l’elezione della massima carica della Repubblica sia iniziata a entrare nel vivo: dopo due giornate caratterizzate dall’astensione di buona parte dei votanti e dai tanti voti “dispersi” (così vengono detti quei voti andati a candidati che ricevono una sola preferenza), il numero delle schede bianche è drasticamente diminuito nel terzo scrutinio, in cui da parte del centrodestra si è rafforzata la candidatura di Guido Crosetto (che ha ricevuto 114 preferenze, superando di gran lunga le previsioni di Fratelli d’Italia, che ne aveva proposto il nome). In aumento anche le preferenze per l’attuale Presidente in carica, Sergio Mattarella, che ha raccolto 125 voti. Meno voti rispetto alle previsioni sono andati invece a Pierferdinando Casini, che ne ha raccolti 52, meno del candidato della corrente più a sinistra del Gruppo Misto, Paolo Maddalena, che ha raccolto 61 voti. Si andrà dunque avanti per un altro scrutinio, verso il quale i diversi esponenti delle forze parlamentari stanno continuando a trattare senza soluzione di continuità e per il quale le trattative proseguiranno anche in serata e, se necessario, nel corso della notte (si è parlato addirittura, come per l’elezione del Papa, di “conclave”) e fino a domattina alle 11, quando i Grandi Elettori si ritroveranno per il quarto giorno consecutivo.

TANTISSIME SCHEDE BIANCHE NEI PRIMI SCRUTINI – Già nelle prime due giornate di votazioni, che hanno registrato per la gran parte votazioni in bianco (672 durante il primo scrutinio, 527 durante il secondo), è emersa la chiara volontà dei partiti maggioritari di non forzare la mano durante i primi scrutini, lasciando le schede vuote in attesa di accordi tra i diversi leader che potessero fare emergere candidature forti capaci di unire i diversi schieramenti. Ma tanta è stata anche la tattica: diversi i nomi “bruciati” dai diversi partiti nel tentativo di sondare il terreno, in attesa di valutare la possibilità di candidature che potessero essere accettate da tutti. Diversi i nomi sul tavolo, da Maddalena a Crosetto, passando per l’attuale Presidente del Senato, Casellati. Se Mattarella, che pure ha ricevuto diverse preferenze, appare un’ipotesi difficile – vista la volontà dell’attuale Capo dello Stato di non proseguire con un secondo mandato, sebbene i voti nei suoi confronti siano in costante aumento – e Draghi non sembra riuscire a coagulare su di sé un adeguato consenso (diverse ragioni supportano le ritrosie dei partiti, in particolare la difficoltà, in caso di un eventuale approdo al Quirinale dell’attuale premier, nella formazione di un nuovo Governo che possa proseguire il cammino verso l’uscita dalla pandemia e contemporaneamente guidare l’applicazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza senza creare discontinuità con l’attuale esecutivo; anche l’ipotesi di uno scioglimento anticipato delle Camere, con annesse votazioni, appare in questo momento uno scenario non particolarmente attraente, stante anche la riforma costituzionale entrata in vigore con il referendum del 2020, che ha ridotto il numero di parlamentari e modificato le competenze delle due camere, che necessita però di essere integrata da leggi ordinarie che regolino effettivamente il funzionamento di Camera e Senato così composti, legge che non è ancora stata preparata).

PROSEGUONO A OLTRANZA LE TRATTATIVE – Proseguono quindi gli incontri tra i vari capi di partito, con il leghista Salvini che è apparso il più attivo di tutti e che in questi giorni ha partecipato a vertici praticamente con chiunque. Appare comunque chiaro che, al momento, nessuno appare disposto a scendere a patti e a negoziare davvero, andando a scegliere un nome al di fuori della propria rosa di candidati. Ed è questo un fatto che rischia di mandare in tilt, a prescindere dall’elezione o meno di Draghi, l’ampissima maggioranza di Governo, dato che diverse forze di maggioranza hanno legato a doppio filo l’elezione del prossimo inquilino del Quirinale al proprio appoggio all’esecutivo. Insomma, la situazione è decisamente intricata e difficile appare una risoluzione che possa accontentare tutti nel giro di poco tempo. Anche per via della folta presenza di franchi tiratori all’interno dei diversi gruppi: nonostante il voto segreto, i numeri emersi dai primi scrutini hanno reso evidente che numerosi tra i Grandi Elettori non si siano attenuti alle indicazioni del partito. Se anche questa sia tattica o se sia invece il segno di accordi sotterranei (o magari entrambe) è cosa che non è data sapere.

DA AL BANO A PEPPONE: QUANTI VOTI “CURIOSI” – Non sono stati pochi, nel corso di questi primi tre scrutini, i voti andati a personaggi “poco abbordabili”, per così dire: da Al Bano ad Amadeus, passando per Mario Girotti (noto ai più come Terence Hill) e l’ex senatore Antonio Razzi, oggi personaggio televisivo e social dopo non essere stato candidato alle politiche del 2018. Abbastanza successo pare aver riscosso tra i Grandi Elettori il noto divulgatore Alberto Angela, mentre il cantante e conduttore televisivo Enrico Ruggeri, ex frontman dei Decibel, nel primo scrutinio, ha eguagliato in quanto a preferenze, l’attuale Premier Draghi, raccogliendo un bottino di 4 voti. Altrettanti, nel secondo giorno, sono i voti portati a casa dal Sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. Molti dei Grandi Elettori devono inoltre essere grandi appassionati di calcio, visti i voti raccolti dal presidente della Lazio, Claudio Lotito, o dal suo “predecessore” alla guida della squadra biancoceleste, nonché ex proprietario della Cirio Sergio Cragnotti. Anche il commissario tecnico della Nazionale che ha vinto l’ultimo Europeo, Roberto Mancini, ha visto il proprio nome uscire dall’urna, così come l’ex portiere Campione d’Europa nel 1968 e del Mondo nel 1982, Dino Zoff, e l’allenatore recordman di panchine in Serie A, Carletto Mazzone. Menzione speciale per Pepito Sbazzeguti, che per i cinefili “d’epoca” sarà un nome noto: è infatti l’anagramma che Giuseppe Bottazzi, il “Peppone” interpretato da Gino Cervi nella fortunata saga di Don Camillo, utilizza per riscuotere una vincita alla lotteria senza essere riconosciuto. Anche per lui vi è stata qualche preferenza.
di Epifanio Romano

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