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venerdì , 26 Aprile 2024

Milleproroghe conferma la sperimentazione animale fino al 2025

23.02.22 – 09.40 – Tra i vari emendamenti decisi il 17 febbraio, oltre al bonus psicologo, è passata in sordina l’approvazione della norma sui test sugli animali. Il Milleproroghe ha difatti slittato il divieto dando il permesso di continuare la sperimentazione sugli animali fino al primo luglio 2025 negli studi sugli xenotrapianti d’organo (ovvero l’utilizzo di organi di esseri viventi di una specie diversa da quella del ricevente) sulle sostanze d’abuso, tra cui rientrano i farmaci. Il tema è molto dibattuto: sempre più persone hanno interesse a sostenere i diritti degli animali, in quanto esseri senzienti e capaci di provare sofferenza. Un sondaggio internazionale del 2020 ha evidenziato come il 70% dei cittadini Ue ritenga una priorità favorire la piena sostituzione dei test sugli animali con modelli alternativi. Oltre alle ben note motivazioni etiche a sostegno dello stop, chi si batte in favore degli animali sottolinea come al giorno d’oggi ci siano tutte le possibilità di poter incrementare i fondi per la ricerca delle sperimentazioni alternative; anche i moderati, dall’altro canto, chiedono un’applicazione limitata a specie prive di autoscienza o a pratiche non cruente. La vicenda ha provocato turbamenti all’interno dei partiti politici stessi: il testo originario, come approvato dal governo, prevedeva infatti una proroga solo di sei mesi ma l’esecutivo in commissione ha poi espresso parere contrario alle modifiche ed è stato battuto. Secca la replica del Presidente Nazionale Enpa, Carla Rocchi: “Ha perso la scienza etica e la ricerca innovativa. L’inutilità della sperimentazione animale è ormai cosa nota. A pochi giorni dall’introduzione di animali e ambiente in Costituzione questo rappresenta un passo indietro. (…)”.

I favorevoli alla sperimentazione sottolineano come negli anni la sperimentazione abbia trovato soluzioni a malattie oggi altrimenti incurabili, e su come i costi sulla sperimentazione animale sarebbero minori per il mercato farmaceutico. A Nuova Ecologia, la veterinaria Marta Piscitelli, Aisal (Associazione italiana scienze animali da laboratorio) spiega: “(…) Mi occupo di questo ambito da più di trent’anni e posso assicurare che nessun ricercatore ha piacere a lavorare con gli animali. Abbiamo il dovere di sostituirli quando i metodi alternativi potranno dare riposte, ma per ora, purtroppo, quasi tutti gli ambiti della ricerca hanno ancora bisogno di animali”. La normativa, sulla produzione dei farmaci, sottolinea la dottoressa, impone nella maggioranza dei casi che “per approvarne uno e inserirlo in commercio bisogna testarlo prima su piccoli roditori e poi su una specie “non roditore””. La direttiva europea 2010/63 stabilisce che le condizioni di vita e i metodi utilizzati nelle procedure debbano evitare il più possibile il dolore e la sofferenza, risparmiando la vita il maggior numero possibile di volte con metodi di soppressione non cruenti. Ricordiamo che l’Italia è stato il primo Paese al mondo ad aver emanato una legge -n. 413 del 12 ottobre 1993- riguardante l’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale per medici, ricercatori, universitari, tecnici ed infermieri. Una testimonianza arriva dalla biologa e ricercatrice Susanna Penco, che ancora dieci anni fa aveva dichiarato come “sia proprio la sperimentazione animale ad allontanare le soluzioni e quindi la guarigione per i malati”. Il futuro per la dottoressa è la medicina personalizzata, in quanto sfrutta le differenze genetiche interindividuali per capire il funzionamento delle malattie umane. Ciò porta alla consapevolezza di una differenza biologica tra uomo ed altre specie tanto da mettere in discussione, in taluni casi, la reale capacità predittiva della sperimentazione. Aggiunge: “Se si abbandonasse un metodo fuorviante e ci si concentrasse sull’uomo, i progressi della scienza sarebbero più rapidi ed efficaci: io spero risolutivi. Una via per arrivarci è la donazione degli organi per la ricerca.” Lei stessa, malata di sclerosi multipla da vent’anni, ha per questo deciso di donare il suo cervello dopo la sua morte affinché venga studiato. “Se c’è un modo di capire le cause, e di guarire anziché curare -guarire gioverebbe ai malati, e anche al bilancio dello Stato e della Sanità, in definitiva dei contribuenti- dovremmo cominciare a studiare tessuti umani e anche gli organi post mortem.”

di Michela Porta

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